Come te non c'è nessuno

Curioso errore costruttivo su un obiettivo sovietico


L’industria fotografica odierna ha raggiunto standard costruttivi talmente elevati che è difficilissimo, se non impossibile, riscontrare disuguaglianze fra esemplari appartenenti alla stessa categoria e modello. L’automazione e il monitoraggio nelle fasi costruttive di un obiettivo fotografico rendono di fatto impossibili le differenze estetiche, di modo che ogni esemplare prodotto appare perfettamente identico ai suoi pari.

 

Così è oggi, ma in passato?

 

In passato, e non c’è bisogno di andare molto indietro nel tempo, ogni fase costruttiva era compiuta manualmente e poteva succedere che un obiettivo uscisse di fabbrica con una piccola disuguaglianza rispetto a tutti gli altri esemplari. Parlo di disuguaglianza costruttiva, non qualitativa.

 

Voglio qui soffermarmi su una disuguaglianza presente su un vecchio obiettivo che possiedo: una disuguaglianza davvero curiosa e che, senza esagerazione, giudico più unica che rara.

 

L’obiettivo è il supergrandangolare Russar MR-2 f/5,6 20 mm con passo a vite 39x1, destinato alle fotocamere Zorki ma utilizzabile anche sulle Leica con innesto a vite e, tramite anello adattatore, anche sulle Leica con innesto a baionetta.

 

Massimo Vespignani - Faenza - Fotografia
L'obiettivo grandangolare Russar 20 mm assieme al suo mirino basculante.

Si tratta di un obiettivo di produzione sovietica, costruito nel dopoguerra, con montatura esterna in metallo non brunito, apparentemente alluminio al naturale. Pur nascondendo al suo interno un geniale schema ottico, la resa qualitativa è appena decorosa, come pure la precisione meccanica. Sul mio obiettivo, poi, queste già scarse qualità sono state ulteriormente compromesse da un utilizzo parecchio rude da parte dei precedenti e presumo numerosi possessori. Il basso numero di matricola – N 03010 – sembra farlo appartenere ad uno dei primi lotti usciti di fabbrica. C’è anche da dire che l’obiettivo in finitura “bianca” in mio possesso è abbastanza raro, a differenza degli esemplari in finitura nera e incisioni in caratteri cirillici, molto più diffusi e ancora oggi reperibili nel mercato dell’usato.

Gli obiettivi Russar rappresentano indiscutibilmente una pietra miliare nella storia dell’ottica fotografica. La loro resa qualitativa è da considerare mediocre solo se confrontata con la produzione contemporanea. L’incredibile ed innovativo schema ottico del Russar fu calcolato nel 1935 da Mikhail Mikhailovich Rusinov e pose le basi della fotografia supergrandangolare. L’originalità dello schema ottico rappresentò davvero un enorme passo avanti nello sviluppo di ottiche supergrandangolari, tanto che i rinomati obiettivi Zeiss Biogon e Schneider Super Angulon furono poi sviluppati sulla falsariga del Russar.

Massimo Vespignani - Faenza - Fotografia

Mikhail Mikhailovich Rusinov fu anche compositore e pianista appassionato.

(Fonte: Microsites Lomography)


Massimo Vespignani - Faenza - Fotografia

Pare che la sigla MR incisa sui Russar indichi le iniziali del geniale progettista Mikhail Rusinov.

Ma non è sulle caratteristiche tecniche e ottiche che voglio soffermarmi, bensì su un clamoroso ed incredibile errore commesso dall’addetto alle incisioni.

Va detto, per chi non lo sapesse, che gli obiettivi fotografici recano incisa sul barilotto la scala della profondità di campo, una scala che si ripete speculare a destra e a sinistra della tacca di riferimento della messa a fuoco. In quell’epoca – dopoguerra - la scala veniva incisa manualmente sul metallo ed altrettanto manualmente veniva verniciata facendo colare la vernice all’interno dei piccoli solchi.


Per un fotografo rappresentava un riferimento di grande importanza e utilità, soprattutto su un obiettivo come questo che, non essendo accoppiato al telemetro, necessitava assolutamente di una scala che indicasse l’estensione della zona nitida.

Diamo ora un’occhiata alla scala della profondità di campo incisa sul mio obiettivo Russar e osserviamo attentamente i valori di diaframma incisi a destra e a sinistra della tacca di riferimento della messa a fuoco.

Sulla destra compaiono correttamente incisi i valori 5,6 – 8 – 11 – 16, mentre sulla sinistra compaiono 5,6 – 11 – 16 – 16.

Massimo Vespignani - Faenza - Fotografia
Massimo Vespignani - Faenza - Fotografia

Come si può notare, sia nell’immagine che nel disegno esemplificativo, sulla parte sinistra è stata dimenticata l’incisione del valore 8 ed è stato inciso due volte il valore 16.

Se mi si passa il paragone, è come se sul quadrante di un orologio fossero indicate solo undici ore anziché dodici e, per di più, una di esse si presentasse ripetuta due volte: un bel rompicapo per chi ha bisogno di sapere l’ora esatta!

 

Che dire di questo infortunio? Mi pare evidente che l’errore è frutto di una svista dell’addetto all’incisione il quale - diciamo così - deve essersi distratto un attimo.

Oso immaginare che quell’addetto all’incisione si sia accorto dell’errore quando ormai la frittata era fatta e che abbia probabilmente scrollato le spalle sperando che nessuno si sarebbe accorto della svista. Effettivamente non è un errore che si nota a primo colpo d’occhio e devo ammettere di essermene accorto parecchi anni dopo che ero venuto in possesso di questo Russar. Il mio esemplare è molto sciupato e di scarso valore commerciale ma questo curioso errore lo rende rarissimo e presumibilmente unico al mondo. Un esemplare, insomma, che richiama alla mente il titolo di una vecchia canzone: “Come te non c’è nessuno”.

Massimo Vespignani - Faenza - Fotografia
Massimo Vespignani - Faenza - Fotografia